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L’incredibile e triste storia delle donne-giraffa del popolo Padaung

La Birmania, diventata Myanmar nel 1989, è composta da 7 stati, ed è situata tra India e Bangladesh da una parte, Laos e Thailandia dall’altra, e si affaccia sul Golfo del Bengala. E’ un Paese ricco di tradizioni, con una cultura millenaria ed è per eccellenza il Paese degli Stupa, ovvero dei reliquari buddisti, spesso conosciuti come pagode, traduzione fuorviante della parola birmana Paya. Questo termine infatti, significa letteralmente cosa sacra e può riferirsi a persone, o divinità o a luoghi legati alla religione che vengono frequentati come centri di meditazione e contemplazione.

L’atmosfera che regna in questi spazi è magica. Monaci e fedeli si incontrano quotidianamente per pregare, fare offerte al Buddha e ai numerosi spiriti chiamati Nat. Le pagode sono il fulcro della vita del Paese, e il Myanmar è probabilmente il Paese orientale con il maggior numero di templi antichi e moderni. Alcuni di essi sono dei veri e propri capolavori architettonici costruiti tra l’800 e il 1100 con un grande uso di materiali pregiati come l’oro e le pietre preziose.

In contrapposizione a tale magnificenza artistica e di tradizioni, occorre però considerare la storia di questo Stato che ha visto l’avvicendarsi di governi che hanno quasi sempre costretto il Paese all’isolamento. Questi, se da un lato hanno contribuito a preservare le bellezze, la cultura e le tradizioni del popolo birmano – basti pensare che solo da pochissimi anni e quasi esclusivamente nella capitale Rangoon, si può vedere qualche giovane con abiti occidentali -, dall’altro non hanno mai favorito né lo sviluppo né l’affermarsi dei diritti umani più basilari.

Il regime militare, al potere da oltre 40 anni, controlla rigidamente ogni aspetto della vita per cui ai cittadini non è permesso vedere canali televisivi esteri, non è permesso l’uso del telefono cellulare e satellitare – ad eccezione di poche personalità autorizzate – non è permesso accedere ad internet, ma solo alla posta elettronica che è comunque controllata. Riviste e giornali stranieri arrivano in pochissime copie ed in seguito a manifestazioni di protesta, le università sono state chiuse per un periodo indeterminato. Le decisioni vengono assunte in base alle esigenze e agli interessi, anche personali, della giunta e dei generali, e spesso norme arbitrarie e non scritte, lasciano spazio alla più ampia corruzione. In definitiva il regime evita ogni sorta di cambiamento e di apertura con l’esterno che potrebbe comportare rischi destabilizzanti. La crescita economica è quindi impedita dalle disastrose politiche governative, da attrezzature obsolete, infrastrutture insufficienti e uno scarso, se non inesistente, livello di istruzione. Tuttavia la cronica carenza di valuta estera che affligge il Paese ha fatto sì che il governo abbia iniziato a guardare con benevolenza al turismo.

L’ isolamento culturale di Myanmar, la sua primitività sono diventati quindi e purtroppo anche una delle strategie pubblicitarie su cui puntano le agenzie di viaggio per incoraggiare turisti alla ricerca di un mondo non contaminato dall’occidente, lontano dalla modernità e dai beni di consumo. E i risultati non si sono fatti attendere: se un tempo erano pochi i viaggiatori che osavano addentrarsi nelle foreste di questo Paese per conoscere le popolazioni delle tribù birmane detentrici di culture millenarie, oggi il flusso di turisti è in costante crescita tanto che il 1996 è stato definito il Visit Myanmar Year.

Le donne giraffa

L’immagine delle donne Padaung – più note come donne giraffa – attirano nei loro villaggi decine di migliaia di visitatori affascinati da una pratica tanto crudele quanto fotogenica. D’altronde le tribù birmane non hanno alcuna voce in capitolo nella loro esposizione ad un turismo che subiscono con rassegnazione, e tentano di guadagnare qualcosa da un business che li coinvolge solo indirettamente in qualità di fenomeni da circo o di zoo umano.

Ma tra i tanti visitatori in cerca di qualcosa di insolito da immortalare e da sfoggiare agli amici a casa, quanti sanno o vogliono sapere chi sono le donne dai colli lunghi?

Si narra che i Nat, gli spiriti della tribù dei Karen, per punire gli insolenti quanto superficiali Padaung, aizzarono le tigri più feroci della foresta controre loro donne. Fu così che gli uomini vedendole morire una dopo l’altra, decisero di seguire i consigli di un vecchio saggio: forgiare dei grossi anelli d’oro con cui proteggere il collo, i polsi e le caviglie dai morsi dei felini. Da allora le donne – pur utilizzando un metallo meno prezioso – non abbandonarono più quell’usanza che si tramutò in simbolo di bellezza, seduzione e fedeltà. Da secoli il rito di iniziazione si ripete pressoché identico: all’età di 5 anni le bambine, che ovviamente non possono ancora scegliere autonomamente, vengono preparate per diventare delle donne giraffa. Durante una sorta di cerimonia che si svolge tra canti e danze, ad esse vengono applicate spirali di ottone alle braccia e alle caviglie e un collare di circa tre chili attorno al collo.

Ogni due anni viene aggiunto un anello. Per il peso delle spirali, non solo il collo inizia a deformarsi allungandosi fino a raggiungere un massimo di 25/30 cm, ma anche la cassa toracica tende ad abbassarsi. I movimenti del collo racchiuso in questa morsa di una decina di chili, sono molto limitati e per favorire la circolazione sanguigna è obbligatorio un massaggio quotidiano alle braccia e alle gambe. Una volta che i muscoli si sono completamente atrofizzati, il collo non è più in grado di sorreggere il peso della testa tanto che se il collare venisse tolto, le donne morirebbero soffocate poiché la testa, cadendo in avanti, bloccherebbe la respirazione.

Le spire d’ottone inoltre, per l’abbondante sudorazione provocata dall’umidità tropicale, possono causare infezioni e tumefazioni alla pelle. Nelle giornate di sole è obbligatorio arrotolare un asciugamano al collare per impedire che i raggi arroventino l’ottone.

Nella tradizione del popolo Padaung, le ragazze che non indossavano la corazza d’ottone erano considerate prive di moralità, non potevano sposarsi e avere figli. Oggi essere una donna giraffa e mettersi in posa davanti alle macchine fotografiche degli stranieri, è considerata la migliore opportunità di lavoro attualmente a disposizione nello stato di Myanmar.