La strage di Sabra e Chatila

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Nel settembre 1982 le milizie cristiane, con la complicità degli israeliani, uccidono centinaia di palestinesi inermi nei campi profughi di Beirut

Il 6 giugno 1982 l’esercito israeliano invade il Libano con la cosiddetta “Operazione pace in Galilea”, dando inizio alla quinta guerra arabo-israeliana. Il Libano si trova da anni nel caos. Israele sostiene con armi e addestramenti l’Esercito del Sud-Libano (cristiano-maronita) di Sa’d Haddad in funzione anti palestinese. In Libano si trovano infatti la formazione armata palestinese Settembre nero (1970), e la leadership dell’Olp. Nel Sud la Siria ha inoltre installato dei missili terra aria di fabbricazione sovietica. In poche settimane l’esercito israeliano occupa tutto il Libano meridionale. Il 13 giugno successivo, Beirut è pesantemente bombardata.

Verso il massacro
L’Onu invia una forza multinazionale per assicurare la fuga dell’Olp da Beirut. In agosto i miliziani dell’Olp vengono scortati fino in Tunisia, dove insediano il loro nuovo quartier generale. L’1 settembre l’evacuazione è di fatto terminata e le forze israeliane cominciano a cingere d’assedio i campi profughi palestinesi. Il 14 settembre il presidente del Libano Bashir Gemayel (eletto il 23 agosto) viene assassinato in un attentato organizzato dai servi segreti siriani. La situazione precipita. Il 16 settembre, poco prima del tramonto, le truppe israeliane dislocate attorno ai campi di rifugiati palestinesi di Sabra e Chatilla lasciano entrare nei campi le unità falangiste. Non solo: nella notte sparano anche bengala per illuminare i campi e facilitare il lavoro dei carnefici.

La mattanza
Le milizie cristiane rimangono nei campi per due giorni, massacrando uomini, donne e bambini. Molti uomini vengono uccisi sul posto, altri vengono torturati. A molti viene incisa sul petto una croce. Il numero esatto delle vittime è sconosciuto. Il procuratore capo dell’esercito libanese parlò di 460 morti, i servizi segreti israeliani di circa 700-800 morti. David Lamb scrive sul quotidiano Los Angeles Times del 23 settembre 1982: “Alle 16 di venerdì il massacro durava ormai da 19 ore. Gli Israeliani, che stazionavano a meno di 100 metri di distanza, non avevano risposto al crepitìo costante degli spari né alla vista dei camion carichi di corpi che venivano portati via dai campi”. Il 16 dicembre 1982 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite condanna il massacro definendolo un “atto di genocidio”.

L’inchiesta israeliana
Nel 1983 una Commissione di giustizia israeliane presieduta dal magistrato Itzhak Kahan stabilisce che i diretti responsabili dei massacri sono Elie Hobeika e Fadi Frem. L’allora ministro israeliano della Difesa Ariel Sharon è ritenuto responsabile per non aver né prevenuto né fermato il massacro, pur essendo a conoscenza della situazione. Sono inoltre ritenuti responsabili anche il generale Raphael Eytan, capo di Stato Maggiore, e il generale Amos Yaron, comandante delle forze israeliane a Beirut.

L’inchiesta belga
È Il comandante falangista alla guida delle milizie che entrano a Sabra e Chatila. Dopo la fine della guerra civile nel 1990, è più volte deputato e ministro del governo libanese. Nel giugno 2001 la Corte di Cassazione belga apre il processo su Sabra e Chatila in base alla legge del 1993 che assegna competenza universale ai tribunali belgi per i crimini di guerra e contro l’umanità. Il 24 gennaio 2002 un’autobomba uccide Hobeika a Beirut. Il giorno prima aveva detto a due senatori belgi di essere pronto a fare nuove rivelazioni sui rapporti che aveva con i generali israeliani nei giorni del massacro. In seguito a pressioni politiche da parte di Israele e Usa, la Corte di Cassazione del Belgio archivia le posizioni di Sharon. Le inchieste su Sabra e Chatila terminano qui.